Brescia - Benvenga il “
Salva casa”, ma per gli
ingegneri bresciani oggi serve una
riforma integrale e organica dell’impianto normativo edilizio, non più differibile. L’Ordine degli ingegneri della provincia di Brescia, guidato dalla presidente
Laura Boldi, auspica un codice più rispondente alle esigenze di semplificazione e razionalizzazione, perché “la nuova normativa urbanistica deve supportare e facilitare la crescita e il futuro sostenibile del Paese, assecondando le nuove esigenze di rigenerazione urbana, di riduzione del consumo di suolo e di costruire sul costruito”.
L’
Ordine bresciano, anche nel periodo vacanziero di agosto, non se n’è stato con le mani in mano, ma ha progettando le attività per l’autunno, a partire proprio dai cambiamenti e dai lavori che derivano dal Salva casa, divenuto legge a fine luglio, che permette di sanare irregolarità edilizie di piccola entità. Per questo sarà organizzato in autunno un incontro con i vari professionisti del settore, per approfondire il tema delle sanatorie, aprendo le porte anche ai cittadini che vorranno informarsi maggiormente su questa nuova possibilità.
Il
Salva casa ha apportato modifiche sostanziali al Testo unico dell’edilizia, fornendo semplificazioni e maggiore chiarezza della pratica applicativa e permettendo la regolarizzazione delle piccole difformità, che rendevano numerose abitazioni invendibili o non legittimate, causando anche un freno al mercato immobiliare e alle attività di ristrutturazione del tessuto edilizio esistente.
“Con la nuova legge possono essere finalmente superate situazioni in stallo da decenni – spiega la presidente Boldi -, pur irrilevanti ma non risolvibili nel contesto normativo vigente. Anche a Brescia si contano migliaia di potenziali casi. Una delle prime cose che vorremmo far passare, sia ai professionisti sia ai cittadini, è che chi applicherà questa norma dovrà rendere coerente tutto l’apparato burocratico, dalla pratica edilizia a quella catastale”.
Il Salva casa incide anche sul processo di governo del territorio, la cui nuova frontiera è il “green deal”, la rigenerazione urbana e la limitazione del consumo di suolo, che presuppongono nuovi strumenti e nuova disciplina urbanistica per favorire l’inclusione sociale e la qualità ambientale, adeguata ad affrontare le sfide della transizione ecologica. “Dettagli” che andranno a impattare anche sugli enti locali e sui loro Pgt. “Il nuovo testo interviene anche in ambiti di competenza specifica della normativa urbanistica – aggiunge Laura Boldi -, operando in sostituzione, parziale e molto limitata, di un vuoto normativo che non può essere affrontato con una disciplina in ambito edilizio. La nuova legge deroga senza abrogare altre normative vigenti, creando potenziali contrasti. Per questo non pone al riparo i professionisti e gli uffici tecnici della Pubblica amministrazione dal rischio di una non corretta interpretazione. La scelta di effettuare modifiche parziali di un testo normativo, ormai inadeguato, aumenta le incertezze applicative, introducendo il rischio di derogabilità permanente in ambiti di competenza di altre norme e può produrre criticità nel governo dei territori che necessitano, invece, di una nuova disciplina urbanistica e di un nuovo Codice delle costruzioni organici e attuali”.