L’infermiere non funge unicamente da erogatore di prestazioni ma vi è una presa in carico globale del paziente e della famiglia attraverso colloqui di supporto.
Parlando di famiglie che presentano al loro interno casi di individui bisognosi di un’assistenza continuativa, quanto sarà importante coordinare tutti gli attori coinvolti e quali sono le azioni che l’Azienda sanitaria sta mettendo in campo per favorire la cooperazione tra figure sociosanitarie diverse?
Siller: Per quanto riguarda le iniziative intraprese dall’Azienda sanitaria, basta considerare il PNRR Salute nella sua interezza. In particolare, l’istituzione da qui al 2026 delle COT (Centrali Operative Territoriali, ndr), delle Case della Comunità e degli Ospedali di Comunità. In quest’ultimo caso specifico, si eviteranno accessi non necessari ai nosocomi della Provincia, con uno sgravio per i Pronto Soccorso e i reparti di degenza. Tutto ciò considerando la necessaria cooperazione di professionalità diverse; un aspetto in via di consolidamento con la creazione della task force di integrazione Sanità-Sociale.
Perché un maggior impiego dell’infermiere di famiglia avrà un impatto anche sugli accessi ai Pronto Soccorso e sui ricoveri?
Siller: Perché non si lavora unicamente sulla patologia nella fase acuta. Infatti, poniamo un accento particolare sull’autogestione e sulla prevenzione utilizzando un approccio proattivo e orientato al riconoscimento dei rischi per la salute. Ciò risulterà fondamentale per evitare in tempo un eventuale peggioramento delle condizioni della persona assistita.
Com’è strutturata la formazione specifica per coloro che aspirano a diventare infermiere/a di famiglia?
Rottensteiner: Il corso di specializzazione per infermieri di famiglia e di comunità, giunto alla terza edizione conclusasi a inizio dicembre, ha una durata di tre anni ed è strutturato in vari moduli che comprendono didattica frontale nonché sessioni interattive. Si basa sul curriculum proposto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, il Family Health and Family Systems Nursing. Per ogni edizione è previsto un numero massimo di 15 partecipanti.
Rapporto operatore/operatrice sanitaria/o-paziente e con la famiglia: questo “doppio binario” può costituire un potenziale elemento di criticità perché uno di essi può funzionare meno bene dell’altro. Come si favoriscono le sinergie in questa complessa rete di interazioni umane?
Rottensteiner: Entrambi i rapporti si basano sulla costruzione di una fiducia reciproca e gli interventi sistemici familiari che gli infermieri attuano durante i colloqui sono funzionali in tal senso. Tra l’altro, hanno anche un impatto positivo sulla comunicazione intrafamiliare.
Siller: In passato, i familiari non venivano coinvolti in modo mirato ed è facile oggi constatare quanto questa scelta fosse inoculata. Infatti, le ricerche dimostrano, che per quanto riguarda i malati oncologici, ad esempio, lo stress post-traumatico è minore se si coinvolgono i cari nel percorso di cura. Lo stesso vale anche per i pazienti diabetici, i quali hanno mostrato valori del sangue decisamente migliori quando c’era qualcuno a sostenerli. Dunque, si può tranquillamente affermare che l’aspetto empatico abbia un ruolo fondamentale tanto nel percorso curativo quanto in quello riabilitativo.
Come sarà la sanità territoriale tra cinque anni?
Siller: La popolazione potrà contare su un maggiore equilibrio dei servizi, su una sanità territoriale integrata nonché su un piano di interventi maggiormente strutturato e con minori lacune. Inoltre, si parlerà di più su come tutelare la salute piuttosto che unicamente della malattia. Naturalmente, tanto dipenderà anche dalla nostra capacità di portare a termine gli interventi previsti dal PNRR. Grazie ad essi, potremo finalmente attuare un assetto sanitario di prossimità.
Rottensteiner: Attraverso l’assistenza centrata sulla famiglia, useremo un “linguaggio” comune e daremo maggiore peso e più voce alle infermiere e agli infermieri di famiglia e di comunità.