Trento - Il progetto di riorganizzazione della sanità territoriale trentina convince a metà i sindacati. Per Cgil Cisl Uil il piano illustrato dal direttore generale dell’Apss, Paolo Benetollo, rischia di rivelarsi un’operazione "più attenta all’apparenza che alla sostanza se non si chiariscono subito alcuni aspetti".
A cominciare dal nodo dell’integrazione socio-sanitaria sul territorio. “Se non vogliano un semplice ritorno al modello “ospedale-centrico”, ma una reale assistenza sanitaria diffusa e capillare sul territorio, allora bisogna investire subito sull’integrazione socio-sanitaria a tutti i livelli – dicono i segretari generali Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Alotti -. Non basta ripristinare i distretti, bisogna che i diversi livelli di assistenza comunichino tra loro e si coordinino, che i dati del sociale e del sanitario siano interoperabili, altrimenti si rischia un totale scollamento tra il modello teorico e la realtà. E soprattutto così si rischia di non investire come si dovrebbe sulla questione più importante, la prevenzione”.
Secondo i sindacati il nodo è proprio quello delle politiche sanitarie di prevenzione, "aspetto sui cui anche il Covid ha contribuito a rendere evidenti i limiti della sanità trentina. In questa logica la medicina va organizzata sul territorio con una molteplicità di presidi e professionalità, che si integrano ma non vengono sostituiti dall’ospedale. Importante in tal senso valorizzare anche i medici di medicina generale. La reintroduzione dei distretti sembra andare in questa direzione ma bisogna capirne l’assetto concreto, cosa che passa inevitabilmente dalla disponibilità di personale sanitario sul territorio.