Gli approfondimenti investigativi hanno permesso di ricondurre all’effettivo dominus della società fallita, tratto in arresto, anche l’operatività di ulteriori 6 aziende, sempre attive nel campo della ristorazione, per le quali sono state avviate procedure fallimentari.
Il dissesto che ha condotto al fallimento della società oggetto d’indagine nel periodo 2013/2017 è stato definito dal Giudice, nella sua ordinanza, di dimensioni imponenti dal momento che il passivo accertato ammonta ad oltre 36 milioni di euro, dei quali 17 milioni in danno all’Erario e 4,5 milioni in pregiudizio di 767 ex-dipendenti dell’azienda.
Le investigazioni dei Finanzieri hanno svelato almeno tre metodi distrattivi in danno alle casse societarie, quali il pagamento all’amministratore di compensi per circa 1 milione di euro, a dispetto della situazione di dissesto in cui versava l’impresa; l’effettuazione, in assenza di corrispettivo, di prestazioni in favore di altre società riconducibili sempre all’amministratore di fatto della fallita per altri 2 milioni di euro; ed, in ultimo, la corresponsione ai due professionisti, anch’essi raggiunti da misura cautelare, di circa 5 milioni di euro, contabilmente giustificati come pagamento di imposte, che però non venivano versati all’Erario, grazie a false compensazioni, ma restituiti all’imprenditore della società fallita.
Ulteriori operazioni distrattive sono state poste in essere mediante il pagamento di somme a 8 società esistenti solo sulla carta e non giustificate dalla sussistenza di rapporti commerciali. Complessivamente le indagini allo stato hanno consentito di accertare distrazioni per circa 10 milioni di euro.
Nel corso delle intercettazioni è emersa la volontà dell’imprenditore al centro delle indagini di eseguire rilevanti investimenti all’estero nel settore dei parchi giochi/avventura, campo nel quale la sua famiglia aveva già maturato una pregressa esperienza in provincia di Bergamo. Al fine di ostacolare la tracciabilità del denaro, parte delle somme distratte sono state trasferite sui c/c esteri intestati a società anch’esse fittizie con sede in Croazia, Slovacchia, Slovenia e Svizzera.
La sinergica operazione di ricostruzione delle operazioni economico-finanziarie posta in essere dagli investigatori unitamente al prezioso contributo del curatore fallimentare, il compianto dr. Stefano Mecca, tragicamente scomparso il mese scorso in un incidente aereo, ha posto in luce la totale inattendibilità delle scritture contabili e la falsificazione dei bilanci al fine di mantenere l’accesso al credito bancario.
L’indagine TRIBE condotta da Magistratura e Guardia di Finanza, s’inquadra nell’ampio dispositivo di polizia economico-finanziaria predisposto dal Corpo a contrasto dei più gravi illeciti economici, a tutela della legalità e delle aziende oneste che operano sul mercato nel pieno rispetto delle regole.