Questa situazione potrebbe riguardare alcune regioni o porzioni di paesi perché non è pensabile bloccare l’economia per un paio d’anni”.
Seppur in maniera diversa, a seconda dello scenario, sarà quindi necessario agire sulla ridistribuzione del lavoro dai settori poco competitivi, perché colpiti dalla crisi, verso altri in crescita, come la cura verso le persone o l’ecommerce. “Sarà un processo complesso - ha spiegato l’economista francese dell’Ocse - che necessariamente dovrà prevedere nuova formazione professionale e il ridisegno di interi settori. Gli strumenti da utilizzare saranno nuove politiche fiscali e di sostegno al lavoro e alle aziende, con politiche finanziarie e monetarie. L’obiettivo sarà garantire delle tutele a favore della popolazione e dei settori economici più colpiti. In definitiva - ha concluso Boone -, superata la prima fase dell’emergenza, ci aspetta una ricostruzione basata sull’efficienza”.
La risposta dei paesi, soprattutto europei, alla crisi Covid è stata - a giudizio della responsabile Ocse - più rapida rispetto al passato. “Nella prima fase, Italia e Spagna hanno adottato misure diverse rispetto a paesi quali Francia e Germania per il sostegno al reddito. Ora ci aspetta la seconda fase, quella della ricostruzione in cui la spesa dovrà essere decisa a livello regionale ma con un coordinamento e una governance europea, in grado di guidare, anche sulla base dei risultati ottenuti, l’azione di singoli governi”.
Sui limiti delle politiche dei singoli paesi e dell’Italia si è soffermata Lucrezia Reichlin, professore di economia alla London Business School: “Nella prima fase della crisi abbiamo assistito a limiti importanti nell’azione dei governi. Ad esempio in Italia, le misure adottate non sono arrivate a tutti i cittadini e imprese. Il problema della digitalizzazione nell’amministrazione pubblica è molto marcato. Nella seconda fase avremo un problema in Europa, ovvero la capacità di mettere insieme un pacchetto di misure per sostenere la domanda pubblica a fronte di prese di posizione diverse da parte delle singole nazioni europee”.
Soprattuto nella seconda fase è importante che l’Europa adotti politiche comuni fiscali ed i governi nazionali aprano ad una forma soft di coordinamento delle politiche, come ha più volte ripetuto Reichlin.
La sfida che attende l’Italia e l’Europa è di prospettiva. “Il Recovery Fund - hanno ammonito le due economiste - non è un fondo per oggi ma è stato pensato e voluto dalla Ue per progetti di lungo periodo, in grado di garantire stabilità ai paesi e fornire risorse da investire in settori strategici quali l’ambiente, la sanità e l’innovazione della pubblica amministrazione”.