In Europa inizia un ciclo di creazione dal nulla della moneta, importante per alcuni mesi, ma inquietante perché continua da 8 anni. E in Europa non si parla di politica economica”. Un esempio su tutti: al cambio di consegne della BCE si riuniscono tutti i capi di Stato europei i quali, al contrario, non hanno mai presieduto al cambio della Commissione europea.
Tremonti cita Greta Thumberg per spiegare l’utopia di un global order in cui tutto è istantaneo e artificiale, e capace di produrre squilibri universali come mai prima d’ora nella storia dell’uomo. “Greta è la giustifica della reverse engineering della globalizzazione, non ha senso spostare la fabbrica in Asia producendo squilibri. Le strutture economiche - insiste - vanno regolate tenendo conto di costi e dei benefici”.
La responsabilità va ascritta a classi dirigenti segnate da “forti limiti nella coerenza e nella logica” delle loro azioni: “Google non perdona - ricorda l’ex ministro - ed è interessante vedere quello che dicevano poco tempo fa e ciò che sostengono ora. Siamo passati da liberte egualite, fraternite ad un trentennio dominato dall’utopia della globalizzazione. Molti in buona fede, altri dominati da interessi più pratici”.
“La Merkel - accusa Tremonti - ha fatto un salto sulla sua ombra. Ma quante ombre ha la cancelliera tedesca? Tutti ricordiamo la fanatica reotrica per l’auterità della Merkel o la richiesta di altri di dare sanzioni alla Germania e alla Francia perché avrebbero violato il trattato”.
Per reagire alla crisi Covid è necessario, secondo Tremonti, un cambio di passo nella politica europea: “E’ rilevante il passaggio a un’azione comune, ma il diavolo sta nei dettagli. Oggi serve meno retorica negli annunci e più attenzione alla carte. Il Recovery Fund è diventato Next Generation…”.
Tremonti si pronuncia a favore di una tassazione europea, una equal tax: “Ma poi bisogna emettere titoli, con una tempistica ragionevole, a partire dall’anno prossimo. Abbiamo bisogno di investimenti e non di maggiore quota di debito”.
Il problema dei differenziali fiscali tra i diversi Stati dell’Unione europea è un nodo che appare senza soluzione. “Nel ‘57 gli Stati europei decisero di devolvere verso l’alto una quota consistente di risorse, in base al principio ‘no taxation without representation’. Le elites e i popoli erano insieme. Oggi - continua - è un problema drammatico perché il sistema europeo è basato sul voto veto. Molta forza di paesi, che presentano da una tassazione favorevole, deriva da concessioni fatte da altri stati. Dietro all’Olanda c’è la Germania e il sistema delle holding si basa sulle direttive europee, vero meccanismo che muove la Comunità. Tutti i trattati prevedono la denuncia del trattato a giugno, ma io non ho visto nessuno che ha denunciato. L’armonizzazione è arrivata a un momento importante. Perché allora le direttive (inventate per le holding) sono ancora in piedi? “.
“Il nostro debito pubblico - conclude Tremonti - è quotato per il 30% all’estero: escluse ipotesi di patrimoniale, che devasterebbero banche e assicurazione, escluse formule come il prestito, o il irredimibile, non rimangono molte alternative, se non lunghe emissioni, fatte dal Tesoro, con tassi e tempi definiti”. Il precedente, citato da Tremonti, è quello del dopoguerra, quando Einaudi scelse questa strada con una giustificazione semplice: ‘Il prestito salverà l’Italia, gli operai salveranno l’Italia'.
Sul Mes, la posizione di Tremonti è chiara: “L’Italia ha troppo debito pubblico, e il Mes è debito. Prima o poi l’Europa ritornerà al Patto di stabilità e questa scelta può generare dei problemi per noi. L’Italia deve investire in Sanità, costruendo ospedali e non in concorsi per assumere personale medico”.