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Giorno della memoria e la tragedia della Shoah

"La memoria non ha nulla di istintivo o di naturale. Naturale è piuttosto l’oblio, istintiva è la deformazione dei fatti accaduti, che non di rado sbiadiscono e perdono di rilevanza con il passare degli anni.
Il Giorno della memoria serve proprio a questo: ad evitare che il tempo faccia il suo corso e ci risparmi l’angoscia di ricordare la tragedia della Shoah. Una tragedia costruita e pianificata fin nei più minimi dettagli, che aveva piegato a obiettivi di morte le conquiste della scienza e della tecnica del primo Novecento. La minuziosa capillarità delle schedature, la catena di montaggio della deportazione, il fordismo delle camere a gas, l’efficienza organizzativa dei campi, gli esperimenti avanzati e atroci sugli esseri umani hanno reso evidente anche ai più ottimisti che il progresso non è neutrale né innocente. Si può progredire in molte direzioni e non tutte sono auspicabili.
Oggi abbiamo più che mai bisogno bisogno della memoria, che è la zavorra che rende stabile la nave, prudente la navigazione, consapevole la scelta della rotta della contemporaneità. La memoria ci serve a distinguere e a smascherare la disumanità contrabbandata per ragionevolezza o il mattatoio che, in Libia e altrove, viene falsato e reinterpretato come baluardo dell’ordine, a riprova che il pericolo del travisamento indifferente è sempre in agguato. “Appartiene al meccanismo dell'oppressione vietare la conoscenza del dolore che produce”, scriveva Theodor Adorno in Minima moralia. Per questo a me pare che la memoria tragica e disperata della Shoah sia essa stessa un atto di rivolta contro gli oppressori di ieri e contro quelli che, se non vigiliamo, se non ricordiamo, già si preparano per il domani dei nostri figli.
Proprio da questa necessità civile di ricordare sono nate le pietre d’inciampo che l’anno scorso abbiamo dedicato ai deportati Albino Nichelatti, morto a Mauthausen, e ad Arturo Tomasi, miracolosamente scampato dal campo di Flossenbürg.

Prende le mosse da qui anche il percorso della memoria che il Museo storico di Trento sta preparando per educarci tutti, bambini e adulti, a leggere la città in profondità, a riconoscere i segni della tragedia in un edificio che fu carcere o in un binario su cui transitarono i treni diretti verso i campi di sterminio.
Oggi la protagonista di questa cerimonia non è una storia, non è un sopravvissuto o una vittima, come accadeva negli anni scorsi. Al centro di questo momento di riflessione ci sono le biografie di un’intera città, Cracovia, qui rappresentata dal direttore dell’Istituto italiano di cultura Ugo Rufino.
Cracovia - la città delle decine di migliaia di ebrei deportati e uccisi nel vicino campo di Auschwitz, la città del ghetto e della fabbrica di Schindler - già da anni ha imparato a far parlare le pietre e i muri della strade e delle piazze, trasformate in un memoriale a cielo aperto. Insieme al nostro Museo storico, vogliamo provare a costruire anche noi un percorso lungo le vie che, oltre settant’anni fa, assistettero alla deportazione verso lo sterminio di alcune famiglie ebree che a Trento credevano di aver trovato un rifugio sicuro, di oppositori politici, di civili e militari, di lavoratori, di religiosi, di donne e uomini di diverse età, cultura, estrazione sociale.
In un tempo in cui i testimoni diretti sono rimasti davvero in pochi, è nostro dovere diventare tutti volontari, custodi, guardiani della memoria. Assumiamoci questo compito pedagogico, che va inteso come una forma di impegno democratico. Trasformiamo la storia, soprattutto quella più tragica, in un bene comune da preservare. Troviamo il modo di arrivare al cuore delle ragazze e dei ragazzi della nostra città raccontando le persecuzioni che non vogliamo più rivivere. Contrastiamo con tutte le nostre forze gli oltraggi alla memoria, quelli dei negazionisti, ma anche quelli di chi paragona il green pass al marchio di morte della stella di Davide che gli ebrei erano obbligati a portare sul loro vestiario. Parliamo di Auschwitz per onorare le vittime e insieme per contrastare ogni visione del mondo che escluda le minoranze, i diversi, i più fragili", il sindaco di Trento, Franco Ianeselli.

Ultimo aggiornamento: 27/01/2022 17:08:10
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