L'Agenda delle Valli

Pochi figli? Oltre la scusa del cambiamento culturale: l'analisi UniTrento

Inizio: 25/06/2025 dalle ore 12:10 - Fine: 25/06/2025 alle ore 17:00 - Dove: Trento - Tn IT
TRENTO - Milioni di persone in tutto il mondo non riescono ad avere il numero di figli che desiderano, sia che ne vogliano di più, meno o nessuno. E ad essere incolpate dei cambiamenti demografici sono spesso le donne. Ma la vera crisi è che la decisione riproduttiva più importante che un essere umano possa prendere - quando, se e con chi avere un figlio - viene minata. Si apre con queste premesse l’ampio Report 2025 State of World Population dal titolo ‘The real fertility crisis’ pubblicato pochi giorni fa dal Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (Unfpa) che ha raccolto dati da 14 stati in tutto il mondo, Italia compresa.
Il secondo dei quattro capitoli di cui è composto il Report – ‘Opening a policy window of opportunity’ – è dedicato alle politiche che si potrebbero attuare ed è stato curato dalla demografa Agnese Vitali, professoressa ordinaria del Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell’Università di Trento: «Quando chiediamo alle persone di cosa hanno bisogno, ce lo dicono. Quindi se vogliamo costruire politiche efficaci basate sui reali bisogni delle persone, il primo passo è ascoltare le loro risposte, le loro motivazioni. Sembra un presupposto scontato, ma molto spesso nel dibattito pubblico, cosa pensino realmente le persone, quali siano i loro bisogni, le loro aspettative non viene realmente messo a fuoco. E questo si riflette sulle politiche pubbliche, che troppo spesso sono frammentate, offrono un supporto limitato, e restano attive per pochi anni, come nel caso del bonus per la nascita del figlio».
Lo studio mette in luce come spesso i governi tendano a concentrarsi sullo spostamento della fecondità in una direzione o nell'altra. In alcuni paesi vogliono promuovere la contraccezione, in altri la natalità. Dall’altra parte, tra le persone, c’è chi vuole prevenire una gravidanza e chi invece formare una famiglia. A volte queste due scelte opposte, seppur in momenti diversi, coesistono nell’arco di una vita. In entrambe le situazioni spesso si frappongono ostacoli: precarietà economica, discriminazione di genere, mancanza di sostegno da parte di partner e comunità, scarsa qualità dell'assistenza sanitaria, incertezza sul futuro. Secondo l’analisi, sarebbe auspicabile prevedere una gamma completa di soluzioni politiche.
Nell’indagine emerge ad esempio che il 18% delle persone ha sperimentato una situazione di impossibilità ad accedere a servizi medici o sanitari relativi alla contraccezione o alla procreazione. La percentuale varia dal 10% di Italia e Germania al 33% del Marocco. I sistemi sanitari di tutti i Paesi hanno quindi un ampio margine di miglioramento. O ancora, il 30% di chi ha risposto in Italia indica disoccupazione e instabilità lavorativa come fattori responsabili del mancato raggiungimento del numero di figli desiderato. Sono valori simili a quelli di Tailandia e Sud Africa, mentre gli stessi indicatori sono molto più bassi in paesi più vicini, come Svezia (5%) e Germania (10%).
Lo spiega Vitali: «Gli approcci politici attuali alle problematiche della fecondità presentano diversi problemi. Gli interventi troppo spesso sono frammentati, offrono un supporto limitato, e restano attivi per pochi anni, come nel caso del bonus per la nascita del figlio. Ultimamente si sente dire che il modello nord-europeo di politiche per le famiglie non funziona più, perché pur avendo implementato politiche generose e attente alle esigenze di genere, la fecondità ha iniziato a diminuire anche in questi paesi. Non parlerei però di fallimento del modello nord-europeo. È innegabile che il benessere di genitori e bambini è più alto dove le politiche a supporto delle famiglie sono più generose».  
«Resisterei poi alla tentazione di autoassolversi dando la colpa sempre a un indefinibile ‘cambiamento culturale’» aggiunge Vitali. «Piuttosto, occorre considerare il problema nella sua complessità, affrontando in modo sistematico l'intera gamma di ostacoli che le persone devono affrontare. Sono barriere economiche, di genere, barriere sul posto di lavoro, questioni abitative, costi e disponibilità dell'assistenza all'infanzia, assenza di un/a partner e infertilità. Abbiamo bisogno di una gamma completa di sforzi che diano alle persone, soprattutto alla popolazione giovanile, un senso di sicurezza e speranza».
Se l’obiettivo è quello di permettere agli individui e alle coppie la piena realizzazione delle proprie scelte riproduttive, emergono dal Report alcune raccomandazioni di policy.  Innanzitutto, le persone e i loro desideri devono essere messi al centro nel progettare le politiche pubbliche e l’approccio dovrebbe essere inclusivo, ispirato da principi che valorizzano diritti umani e equità di genere. Unfpa invita i governi a i mettere le persone nella condizione di autodeterminarsi, di poter scegliere se, quando e con chi avere figli, lavorando su politiche economiche, soprattutto, ma anche sanitarie, educative e giuridiche. Quindi le politiche familiari, secondo Unfpa, dovrebbero essere pensate per aumentare il benessere delle persone, non per aumentare il numero di nati così da salvaguardare la stabilità dello stato sociale.
A essere messo in discussione nel Report è quindi il modo in cui, in generale nelle politiche pubbliche, si valuta il successo degli interventi per o contro natalità e fecondità, gli indicatori usati: «Si misura quanto sia aumentato il tasso di fecondità totale, ma non quanto sia migliorato il benessere umano. Un aspetto che, invece, è più significativo. E che con le misure giuste si riesce a migliorare».

Il Report integrale è consultabile su: https://www.unfpa.org/swp2025 

 
Ultimo aggiornamento: 25/06/2025 12:11:05