Luserna - I piani per salvare il "cimbro": tante idee e proposte al vertice per l'Autorità per le minoranze. A Luserna, la sera, vanno a dormire poco più di duecento persone. Sono queste le risicatissime cifre residue dei parlanti la lingua cimbra, quelli ancora completamente legati al territorio. Questo è il patrimonio antropologico e culturale che il Trentino può e deve tutelare e incrementare, proiettando nel futuro questa antica lingua minoritaria di origini bavaresi.
Per monitorare la situazione reale, conoscerne i molti risvolti e preparare un’azione concreta, ieri nel paese – faticosamente raggiungibile salendo da Caldonazzo, da Calliano o da Vigolo Vattaro – si sono recati i tre componenti dell’organismo istituito presso il Consiglio provinciale allo scopo di difendere gli idiomi ladino, mocheno e cimbro.
La nuova terna dell’Autorità per le minoranze linguistiche – presidente la fassana Katia Vasselai, al lavoro con la mochena Chiara Pallaoro e il cimbro Matteo Nicolussi Castellan - è stata di recente a Palù del Fersina e con questa seconda uscita ha proseguito la sua mappatura della situazione (terza e ultima tappa sarà Sen Jan di Fassa).
Al tavolo con l’Autorità, per un vertice ampiamente esaustivo dei diversi ruoli, ieri c’era tutta la dirigenza locale: il sindaco di Luserna, che è anche presidente dell’Istituto culturale cimbro; il vicesindaco, autentica memoria storica della comunità locale; il vicepresidente dell’Istituto e anche del Centro di documentazione di Luserna, Michele Nicolussi Paolaz; il direttore del Centro e quindi delle quattro distinte sedi espositive, Lorenzo Baratter; il presidente del Comitato scientifico dell’Istituto cimbro e professore universitario, Ermenegildo Bidese; il direttore dell’Istituto Willy Nicolussi Paolaz; la dirigente dell’Istituto scolastico comprensivo di Folgaria, Lavarone e Luserna, Roberta Bisoffi.
Il primo cittadino in particolare ha fornito un quadro esaustivo, partendo da un dato che parla da solo: il calo demografico del 14% in 11 anni. Nel ’67 a Luserna vivevano 654 persone e c’erano macelleria, tabaccheria, sportello bancario, perfino un negozio di abbigliamento. Tutto chiuso.