Trento - Chiusura sale gioco in Trentino, il consigliere provinciale Claudio Cia (FdI): "I Comuni trentini costretti a sospendere le funzioni di controllo e vigilanza".
"Quello che avevamo previsto, facili profeti, è successo. Gli imprenditori operanti nel comparto della raccolta del gioco lecito (sottolineo lecito) posti di fronte all’alternativa secca tra morire senza fare nulla o combattere per tutelare anni di sacrifici e la sopravvivenza delle famiglie proprie e dei propri dipendenti, hanno scelto la seconda strada. Il Tribunale Amministrativo di Trento è stato, infatti, destinatario di moltissimi ricorsi, tutti diretti non solo ad ottenere, in prima battuta, l’annullamento degli ordini di rimozione delle macchinette dai loro locali, ma, soprattutto, tutti finalizzati ad accendere un faro, quanto più potente e illuminante possibile, sulla vera criticità della legge provinciale diretta, come si esprime nella sua titolazione, alla “prevenzione” e alla “cura della dipendenza da gioco”, vale a dire la sua compatibilità con la carta costituzionale.
Quello che dinnanzi al Giudice amministrativo è in gioco è proprio la risoluzione di questo dilemma: una legge che espelle pressoché totalmente dal territorio un intero comparto imprenditoriale (e che comparto: circa 50 milioni di ritorno fiscale nelle casse della Provincia Autonoma di Trento) è coerente con la libertà di impresa, tutelata dall’art. 41 della Costituzione oppure è del tutto sproporzionata e, quindi, sospetta di incostituzionalità? Badate bene che detto snodo – che noi Fratelli d’Italia da sempre stiamo sottoponendo all’attenzione del questo Consiglio Provinciale – non è stato ritenuto assurdo o irrealistico dal nostro T.A.R. Tutt’altro, tanto è vero che al Dipartimento di Ingegneria dell’Università Statale di Milano è stato affidato l’incarico consulenziale di verificare se quanto gli operatori sostengono, con fior di perizie, è realmente riscontrabile o meno, se cioè – traggo il passaggio da una delle
decisioni che ho potuto studiare – “l’applicazione del criterio della distanza di 300 metri dai siti c.d. sensibili…determini…una sostanziale preclusione alla localizzazione sull’intero territorio comunale di sale gioco…e, comunque, quale sia la percentuale di territorio in cui tale preclusione verrebbe ad operare”.
Non siamo giuristi, è vero, ma siamo politici da sempre attenti alle libertà individuali e da sempre attenti ad insorgere di fronte ai tentativi di reprimerle senza senso.
Il Dipartimento di Ingegneria dirà se l’espulsione vi sia o non vi sia e, se sì, in quale misura, ma, dati alla mano forniti ufficialmente proprio dal Comune di Trento, ci dicono che fino all’agosto 2020 gli esercizi presso i quali erano installati gli apparecchi per la raccolta del gioco lecito erano 112 mentre dopo l’agosto 2022 essi si sono ridotti a meno di 14. Non sappiamo se questo voglia dire espulsione, ma sappiamo per certo che questo pone un problema politico che non può non essere affrontato se, come in effetti è, politica vuol dire operare, ciascuno secondo le proprie competenze e le proprie visioni, per il bene della polis, della comunità intera, fuoriuscendo da logiche settarie e di contrapposizione tra opposte fazioni: da una parte i buoni, dall’altra i cattivi, senza neppure ben sapere come distinguere gli uni dagli altri.
Oltre a questo, notizia di pochissimi giorni fa, il Consiglio di Stato – proprio con riferimento ad uno dei processi pendenti innanzi al T.A.R. di Trento – è intervenuto, il 5 dicembre, con un provvedimento le cui motivazioni esondano, per così dire, dal caso particolare ponendo temi e questioni di portata generale e che non possono non interessarci.