Per questo, da gennaio 2015 ogni venerdì sera Don Danilo Vezzoli e un gruppo di volontari appositamente preparati (unità di strada) avvicina in media 12/15 ragazze che esercitano la prostituzione nell’area industriale cittadina e dei paesi vicini.
“In questi 20 mesi abbiamo incontrato circa 80 ragazze per la maggior parte giovani tra i 18 e i 25 anni – dichiara Don Danilo Vezzoli, Responsabile della Caritas di Darfo - Accostandole abbiamo cercato di stabilire con loro un dialogo e provare a costruire un rapporto di fiducia, dare informazioni sui servizi sociosanitari e sulla prevenzione dei rischi connessi. I volontari propongono anche le possibili vie d’uscita dalla prostituzione per recuperare la dignità, la libertà di scelta e un inserimento positivo nella società”.
Tra quelle che frequentano la strada, più della metà di queste ragazze sono nigeriane, un terzo rumene e il estante provenienti da nazionalità diverse, ma si tratta solo della punta dell’iceberg: infatti, si ritiene che la maggior parte della prostituzione sia praticata “al chiuso”, in appartamenti e locali privati.
“Un quadro davvero sconfortante che necessita di un ulteriore passaggio: quello della sensibilizzazione sociale – continua Luigina Gaioni - Infatti, porre freno a questa situazione richiede un cambiamento culturale, una visione diversa. Bisogna diffondere una cultura di rispetto per le donne e di etica nelle relazioni sessuali. Certamente questo è un processo molto più lungo, ma è indispensabile iniziare”.
A questo proposito, quindi, è stato predisposto materiale video e cartaceo che diffonde le principali informazioni e che contrasta l’indifferenza. Inoltre, sono state previste azioni di informazione e formazione sui temi della prostituzione di strada e della tratta.
“È stato realizzato un anche video che dovrebbe essere trasmesso dalle televisioni locali negli spazi riservati alla comunicazione sociale gratuita – conclude Luigina Gaioni - Il video ha l’obiettivo di aumentare la consapevolezza dei cittadini rispetto al fenomeno, contrastare l’indifferenza diffusa, sensibilizzare le coscienze rispetto alla condizione di schiavitù in cui le giovani donne sono costrette e mettere l’accento sulla responsabilità che ogni cliente si assume nel momento in cui, usufruendo dei loro servizi, incrementa questo commercio illegale e violento”.
Le responsabilità di questo aspetto deteriore della vita sociale sono tante e diffuse: sono responsabili i clienti che generano l’offerta; sono responsabili la povertà materiale e qualche volta morale delle persone che cercano falsi percorsi di miglioramento sociale; sono responsabili i pregiudizi radicati nei confronti delle persone che non si conoscono. La responsabilità é sociale e sociale deve essere quindi la risposta. Di tutti.