Ddl 36 e dispositivi digitali a scuola, divieto di utilizzo?
Inizio:
04/06/2025 dalle ore 21:00
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Fine:
04/06/2025 alle ore 22:00
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In quarta Commissione, presieduta da Maria Bosin, sono proseguite anche nel pomeriggio le consultazioni in merito al disegno di legge 36 di Vanessa Masè (La Civica) che modifica le leggi provinciali sui giovani 2007 e sulla scuola 2006, per introdurre norme in materia di prevenzione dai rischi legati all’esposizione dei minori ai dispositivi digitali ed elettronici (qui il comunicato della mattina). Al centro degli interventi la formazione al digitale e, sopratutto, la proposta di vietare l’utilizzo di dispositivi digitali (non collegati all’attività formativa) all’interno delle scuole primarie e secondarie di primo grado. Ad intervenire: il Consiglio del sistema educativo provinciale, che ha proposto di alzare la soglia di attenzione dai 12 ai 14 anni; il Consiglio provinciale dei giovani, che ha ritenuto di individuare e sostenere maggiormente un patto educativo tra scuola e famiglia; l’Università degli studi di Firenze per cui il digitale non è solo utilizzo dello smartphone; l’Associazione L'Aratro e la Stella che ha condiviso la necessità di normare e l’Università degli studi di Milano-Bicocca - Centro studi dipartimentale benessere digitale che si è soffermata sulla rete dei Patti Digitali. La consigliera Vanessa Masè ha quindi evidenziato che il termine divieto nel ddl è stato volutamente utilizzato come strumento di dibattito. “Sul tema serve una maggiore consapevolezza, per allargare la platea degli informati. Se il termine divieto è da rivedere, parliamone - ha detto ancora Masè -. Io consegno uno strumento. Raccogliamo le proposte. Abbiamo colto che serve la necessità di governare un problema che coinvolge non tanto i ragazzi, ma i genitori senza sovraccaricare la scuola. C’è la disponibilità a ragionare, il ddl è uno strumento utile per coinvolgere tutti su un tema urgente e delicato”. Masè ha poi ricordato che il ddl è nato da una serata di presentazione dei Patti Digitali, per mettere in norma un’esigenza partita dal basso. “Il testo ha dei limiti come nel concetto di divieto che tanto ci ha sollecitato - ha detto la consigliera – ma è stata ribadita da tutti la necessità di una comunità educante che parte dagli adulti e non dai bambini per quanto nativi digitali". Ad intervenire anche la consigliera Francesca Parolari (Pd): “Ci sono i margini per condividere assieme una proposta, sicuramente serve normare, ma bisogna normare in una determinata direzione. Dobbiamo dare indicazioni di progettualità, per cui si registra l’assoluta urgenza e necessità. Dobbiamo costruire progetti che nascono dal basso nel rispetto della territorialità. Sicuramente serve lavorare sull’educazione e la formazione e serve combattere l’immagine di un bambino competente perché nativo digitale”.
Il ddl in sintesi
All’interno del ddl è stato predisposto un articolo che introduce una corretta informazione sui possibili effetti dannosi alla salute psicofisica del minore derivanti dal perdurante uso dei dispositivi digitali attraverso la declinazione dei punti nei quali la Provincia: a) organizza corsi di formazione specifici sui rischi associati ai diversi gradi di esposizione agli schermi digitali per i bambini di età inferiore ai dodici anni rivolti agli operatori sanitari e operatori socio-sanitari, ai docenti della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado e agli insegnati della scuola dell’infanzia e del nido. b) promuove, nel rispetto della primaria responsabilità educativa dei genitori, specifici interventi di informazione a favore delle famiglie, anche attraverso i distretti famiglia, sull’uso corretto dei dispositivi digitali e di altri dispositivi di comunicazione elettronica, con particolare attenzione per i minori di 36 mesi. c) organizza e promuove specifici interventi di informazione a favore delle associazioni giovanili sull’uso corretto dei dispositivi digitali e di altri dispositivi di comunicazione elettronica. Tutto ciò anche tramite i propri enti pubblici strumentali. Un ulteriore passo è stato fatto per i luoghi scolastici, dove si sono già iniziati dei percorsi attraverso iniziative dei “Patti digitali” nati alcuni anni fa alla Università Bocconi di Milano e che stanno prendendo piede un po’ in tutta Italia. Quindi si è introdotto un nuovo articolo all’interno della legge provinciale sulla scuola 2006 con il quale si introducono divieti di utilizzo di dispositivi digitali (non collegati all’attività formativa) all’interno delle scuole primarie e secondarie di primo grado e si attuano percorsi scolastici indirizzati all’acquisizione da parte degli alunni delle competenze digitali, nei quali si prevedono nell’ambito dell’offerta formativa specifiche attività e progetti che riservano particolare attenzione ai possibili rischi da dipendenza nell’uso dei dispositivi digitali e di altri dispositivi di comunicazione elettronica e sui possibili effetti dannosi alla salute psicofisica nelle scuole secondarie di primo grado.
Le audizioni
Consiglio del sistema educativo provinciale - Alzare la soglia di attenzione dai 12 ai 14 anni
A partecipare la presidente Giulia Bortolotti: “Esaminata la proposta di legge, il Consiglio ha apprezzato il fine delle modifiche normative che vanno a tutelare i minori sui rischi digitali”. Bortolotti ha presentato alcune considerazioni su singoli articoli: Art. 2: sulla prevenzione il Consiglio chiede di alzare la soglia di attenzione da 12 a 14 anni. Art. 4: vi è la richiesta di promuovere maggiormente la responsabilità educativa dei genitori. Quanto ai soggetti che dovranno svolgere corsi specifici, il Consiglio ha sottolineato l’opportunità di dare rilievo alla figura dei pediatri. In merito al coinvolgimento delle associazioni giovanili si chiede di specificare meglio che tipo di associazioni si tende a coinvolgere. Ad intervenire Vanessa Masè, “il coinvolgimento delle associazioni giovanili è generico perché si riferisce ai luoghi dove i ragazzi passano la maggior parte del tempo”. Art 5: il Consiglio ritiene necessario chiarire meglio il termine divieto di utilizzo dei dispositivi a scuola e, se rivolto agli studenti o come strumenti didattici. Da chiarire meglio l’utilizzo nelle diverse fasce d’età e deroghe. “Condivido la necessità di utilizzare il termine divieto – ha detto Bortolotti – Come il divieto di fumo o il divieto di sosta, sono limiti che non devono spaventare”. Così ancora Masè: “Bene che si torni a parlare del termine divieto pur nel necessario mantenimento dell'autonomia della scuola. Il divieto vuole essere un termine che genera dibattito”. Per quanto riguarda le disposizioni finanziarie per il Consiglio le cifre di spesa ipotizzate sono troppo basse. Anche Masè condivide l’importo “al ribasso che va ragionato”.
Consiglio provinciale dei giovani - Serve accompagnare i ragazzi in un patto educativo tra scuola e famiglia
Ad intervenire Alessia Chinetti, presidente e Antonio Zanetel, vicepresidente. Alessia Chinetti: “E’ corretto inserire dei limiti nelle fasi cruciali dello sviluppo all’utilizzo dei dispositivi digitali, tuttavia non deve essere importo rigido o punitivo, non va demonizzata la tecnologia ma serve accompagnare i ragazzi in un patto educativo tra scuola e famiglia. Servono percorsi di formazione per insegnanti e genitori avendo una visione di lungo periodo. Necessario che i percorso formativi su interventi che guardano realtà che le fanno già applicate con risultati concreti efficaci e interventi calibrati. L’accesso deve essere inclusivo vanno abbattute le barriere culturali e linguistiche per garantire equità nell’accesso alla formazione”. Per la consigliera Francesca Parolari (PD) le osservazioni portare dal Consiglio provinciale dei Giovani sono le osservazioni che come minoranza hanno raccolto. “Anche diversi esperti - ha specificato Parolari - hanno sottolineato che serve lavorare sull’educazione”. Così la consigliera Masè: “Il ddl si riferisce a una fascia d’età di bambini piccoli e piccolissimi. Maggiore è la consapevolezza, più avremo ragazzi in adolescenza consapevoli nell’utilizzo”.
Università degli studi di Firenze - Il digitale non è solo smartphone, quando si dice formare alla competenza digitale fin dal nido, significa formare le famiglie
Cosimo di Bari ha analizzato il ddl con prospettiva pedagogica, sul piano della didattica e della ricerca. “Serve coinvolgere, preparare e formare le famiglie – ha detto di Bari - . Le competenze digitali spesso vengono date per scontate, in realtà servono accompagnamenti più professionalizzanti”. In merito al divieto di utilizzo, per di Bari la proposta può essere “una strategia se utilizzata con altre strategie” e ha aggiunto: “Noto enfasi sulla dimensione del rischio, tuttavia concentrarsi troppo sul rischio, senza considerare le opportunità, non porta a una costruzione della competenza digitale. Il ddl è sicuramente interessante nella promozione delle competenze in un ottica di continuità che parte fin dalla primissima infanzia. L’auspicio è che si proceda alla costruzione graduale di una competenza digitale fin dalla prima infanzia, ma non promuovendo un divieto. Il digitale deve diventare un linguaggio per aiutare a pensare”. Ad intervenire Masè: “di Bari ci conferma che, come già emerso in tutte le audizioni, il tema sono sopratutto gli adulti - dai genitori agli insegnanti passando per gli educatori - e non i ragazzi che devono essere adeguatamente informati sul digitale. È però impensabile l’approccio al dispositivo digitale al nido”. A rispondere di Bari “Il digitale non è smartphone, quando si dice formare alla competenza digitale fin dal nido, significa formare le famiglie”. Ad intervenire anche la consigliera Parolari: “Serve combattere l’immagine di un bambino competente perché nativo digitale. Servono strumenti nuovi, servono percorsi educativi che partono dalla formazione dei genitori e accompagnano i bambini e i ragazzi nella crescita”.
Associazione L'Aratro e la Stella - Bene che il ddl chieda una corretta e approfondita informazione. Serve normare, sul digitale il rischio è di dare delle regole che cambiano a seconda dei contesti
Il presidente Ignazio Punzi ha ricordato le esperienze concrete portate avanti nella formazione dei Piani Giovani e dei Distretti famiglia in Trentino. In particolare ha citato il Patto educativo digitale del distretto famiglia della Val di Fiemme che ha coinvolto pediatri, famiglie e insegnanti. Punzi ha rilevato che c’è “un’assoluta necessità di normare” e ha dato un giudizio positivo sul ddl, “c’è bisogno di fare un’attenta riflessione”. Punzi ha sottolineato gli aspetti neurali del cervello. “Oggi i giovani hanno una marea di informazioni come mai accaduto e pochissimi apprendimenti. Perché un fatto, una nozione, un'esperienza diventi apprendimento serve del tempo che oggi nel bombardamento informazioni non si ha. Il rischio è di imparare poco”. Bene dunque, per Punzi, che il ddl chieda una corretta e approfondita informazione. “C’è bisogno di tempi medio lunghi per gli apprendimenti vitali che si traducono in cambiamenti. Il confronto è vitale per modificare gli stili di vita. Sul digitale il rischio è di dare delle regole che cambiano a seconda dei contesti, per questo è necessario trovare indicazioni corrette e univoche su stili di vita e relazioni”. La consigliera Masè ha quindi apprezzato “il concetto di mente relazionale” espresso da Punzi, evidenziando le diverse posizioni emerse nel corso della giornata sul tema del divieto. Ad intervenire anche la consigliera Parolari: “Ci sono i margini per condividere assieme una proposta, sicuramente serve normare, ma bisogna normare in una determinata direzione. Dobbiamo dare indicazioni di progettualità di cui si registra l’assoluta urgenza e necessità, dobbiamo costruire progetti che nascono dal basso nel rispetto della territorialità”.
Università degli studi di Milano-Bicocca - Centro studi dipartimentale benessere digitale - Bene mettere in primo piano la formazione. Quando al divieto è una parola che non piace, ma può diventare un paletto per indirizzare
A partecipare Stefania Garassini, parte del board della rete dei Patti Digitali. Garassini ha illustrato i patti digitali “necessari per riprendere le redini dell'uso degli strumenti digitali e l’uso delle buone abitudini, come non dare troppo presto ai ragazzini l’uso dello smartphone. Serve il coinvolgimento degli insegnanti, dei genitori e dell’attivazione delle reti territoriali - ha detto Garassini – . A Pergine, ad esempio, c’è un patto digitale tra genitori. Un'altra iniziativa riguarda un decalogo rivolto alle scuole. Chiaro che a seconda delle età cambiano esigenze e indicazioni sulle regole”. Quanto al ddl, Garassini trova la normativa utile e interessante: “Bene mettere in primo piano la formazione. Quando al divieto è una parola che non piace, ma può diventare un paletto per indirizzare”. Masè ha quindi ricordato che il ddl nasce proprio da una serata di presentazione dei Patti Digitali. “Il testo vuole mettere in norma un movimento che parte dal basso con tutti i limiti del caso – ha detto Masè - . Tutti hanno riscontrato la necessità di una comunità educante che parte dagli adulti e non dai bambini per quanto nativi digitali”.
Ultimo aggiornamento:
29/05/2025 11:00:54