Cles - La grande mostra dell'estate 2018 a Palazzo Assessorile di Cles (Trento) sarà inaugurata questo pomeriggio. La rassegna curata da Gabriele Lorenzoni è al centro di un progetto curatoriale che vuole proporre al pubblico un punto di vista inedito sull'opera di Adolf Vallazza, uno degli scultori viventi più rilevanti sulla scena nazionale e internazionale.
SCULTURA LIGNEA - Con coerenza e coraggio Adolf Vallazza ha dedicato la propria vita alla scultura lignea, una tecnica che fino agli anni Cinquanta del XX secolo era relegata alla pratica artigiana, elevandola a dignità artistica dopo secoli di oblio e dando vita ad una scuola che sta portando i propri frutti in tutto il mondo. La sua fortuna critica ed espositiva è internazionale, con importantissime collaborazioni museali. La sua casa studio di Ortisei, vero scrigno di arte e cultura, negli anni è diventata un punto di riferimento per critici, curatori e collezionisti internazionali, malgrado la collocazione decentrata rispetto ai grandi centri dell’arte. Nonostante si avvii verso il secolo di vita, mantiene una incredibile curiosità e forza creativa e il suo entusiasmo è autentico. L’occasione di incontrarlo, ammirare le sue opere, ascoltare e leggere le sue testimonianze, è una delle esperienze più significative che possano avvenire in quella rara area di confine e contatto fra i linguaggi della contemporaneità e una tecnica assolutamente tradizionale, quella dell’intaglio ligneo.
LA MOSTRA - Il progetto di mostra, supportato dall'Archivio Vallazza, diretto dalla figlia Sabina con Ulrich Kostner, si configura come una nuova sfida per l’artista, che accetta di porre i propri lavori in dialogo con gli spazi del Palazzo Assessorile. L’edificio, che non nasconde le sue stratificate e complesse vicende architettoniche e d’uso, si lascia contaminare dai legni antichi di Vallazza, nella scrittura di una storia comune, quella delle genti di montagna. Il dialogo fra le sculture di Vallazza e il Palazzo si rafforza nell’evidenza di una interessante coincidenza. Il maestro gardenese fin dal 1969 utilizza infatti esclusivamente legname di recupero per la realizzazione delle proprie opere, sfruttando i materiali che vengono scartati nel corso della demolizione e del restauro di vecchi fienili, case contadine, antiche stubi. Si tratta per l’artista di un’urgenza dettata dal desiderio di salvare quanto più possibile delle tradizioni e della vita vissuta nelle valli alpine, andando a scoprire la meraviglia nella semplicità dei segni lasciati dall’uso e dal tempo sul legno, un materiale organico che pare in grado di registrare senza dimenticare, recando ben evidenti i segni delle destinazioni precedenti che lo hanno visto protagonista in qualità di pavimento o di tavolo, di imposta o di trave. Vite passate alle quali l’artista offre un’occasione di rinascita, grazie a una trasfigurazione artistica che ne modifica l’aspetto formale ma non ne copre la storia, anzi la esalta in un rimando di significati di alto impatto emozionale. Alla stessa maniera, i meravigliosi pavimenti lignei di Palazzo Assessorile nascono da una lungimirante operazione di recupero conservativo: le assi utilizzate per realizzarli sono infatti quelle tolte dalle pareti dell’ultimo piano, anticamente adibito a carcere, dove per oltre 200 anni hanno nascosto alla vista gli affreschi, tutelandoli nel contempo.
100 OPERE - La mostra offrirà l’occasione per ammirare quasi 100 opere dell’artista, su tutte le imponenti e iconiche sculture denominate Totem e gli arcaici e fantasiosi Troni. Non mancherà uno sguardo sulla produzione figurativa, meno nota ma di grande impatto. Sarà questa l’occasione per conoscere inoltre una parte della sterminata produzione grafica del maestro, di grande importanza sia come supporto progettuale alle sculture che come valvola di sfogo creativo, che ad oggi ha trovato poche occasioni di visibilità, in un confronto pressoché inedito fra opere tridimensionali e progetti grafici. La mostra lascia spazio alla forza del dialogo fra architettura e scultura, in un incontro/scontro titanico fra la forza arcaica delle opere di Vallazza, la qualità senza tempo degli affreschi di Marcello Fogolino e la solidità dell’impianto plastico dell’edificio: tempo e memoria, tradizione e ribellione, fantasia e curiosità solo le cifre che paiono accomunare gli attori in gioco, lontanissimi e contigui insieme. L’allestimento, curato dallo studio Campomarzio, di grande sobrietà narrativa, prevede una disposizione libera nelle sale del Palazzo delle sculture, che paiono danzare e saturare i quattro piani dell’edificio, incuranti della presenza degli spettatori.