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La vita non sia una fake news

martedì, 26 giugno 2018

L’intervento di monsignor Lauro Tisi, vescov0 di Trento, in occasione della festività di San Vigilio.

“Nel nostro parlare quotidiano, è ormai abituale l’espressione inglese fake news.
Le cosiddette fake news, tradotte con “notizie false“, portano a improbabili ricostruzioni dei fatti, alimentano rancori e indignate prese di posizione, dando vita spesso ad accesi dibattiti che non raramente sconfinano nell’insulto, infangando il buon nome delle persone.
Il problema è serio e desta, giustamente, un vero e proprio allarme sociale. Azzardo, però, una provocazione: la nostra vita personale è, spesso, una fake news.
La prima lettera di Giovanni lo dice con parole molto precise: “Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi”. (1Gv 1, 8)
Come non riconoscere, infatti, che la vita di ciascuno di noi, a cominciare da me, presenta accanto a elementi positivi, tutta una serie di vuoti, d’inconsistenze, d’incoerenze che la rendono spesso poco credibile? Dare ad essi un nome, potrebbe essere una salutare opportunità per riconoscere che l’umano personale di ognuno di noi si presenta incompiuto e attraversato dal grido e dalla sete.
Questo non è tanto un dato religioso legato alla fede, quanto piuttosto un dato di realtà da cui partire se vogliamo costruire un futuro per tutti noi, Chiesa e società.
L’illusione di avere la verità in tasca è la nemica dichiarata del gusto per il dialogo. La convinzione di sapere e di argomentare su tutto, toglie la gioia di imparare. Semplificazioni imbarazzanti, che si muovono solo tra bianco e nero, ci tolgono la capacità del discernimento del dato di realtà. La grandezza delle persone si misura dalla capacità di dire, anzitutto a se stessi: “Non so, voglio capire, ho paura, ho sbagliato, mi assumo la responsabilità, rispondo in prima persona”.
Mi piace pensare che questo sia anche l’identikit dell’umanità del nostro San Vigilio. Il tipo di evangelizzazione a cui egli fa riferimento parlando dei tre martiri d’Anaunia nelle sue lettere a San Simpliciano e a san Giovanni Crisostomo, rifugge – per dirla con un’espressione cara a papa Francesco – dal proselitismo, per abbracciare la via della testimonianza. Vigilio definisce, infatti, quella di Sisinio, Martirio ed Alessandro “operazione di accostamento fatto con ordine e tranquillità (Lettera a Giovanni Crisostomo). Nessun trionfalismo, nessuna baldanza: posizione tutt’altro che scontata alla fine del IV secolo, in epoca ormai d’impero cristiano.
Umilmente e sommessamente mi permetto di dire che questa è anche la chiamata che oggi viene rivolta alla nostra Chiesa, in epoca di piena scristianizzazione. Risuona, a tal proposito, di grande attualità la forte espressione che abbiamo sentito nel testo degli Efesini “Eravate senza Cristo”.
Il Vangelo non ammette deroghe alla via della testimonianza. Quella del pastore che dà la vita per le pecore, come ci ricorda oggi Giovanni. L’offerta della vita, infatti, – sottolineano Ezechiele e, ancora, il testo di Efesini – ci fa sperimentare la pace di Gesù e ci mette in condizione di passare in rassegna la storia e gli eventi con occhi pieni di amore. Rivelando la gioiosa scoperta di un Dio che prende sulle spalle la storia di ciascuno di noi.
Non rivendico per la nostra Chiesa altro privilegio che il poter testimoniare Gesù di Nazareth. Non con la presunzione dei primi della classe, ma con la coscienza di chi ha bisogno, continuamente, che gli venga usata misericordia.
Se conosciamo la fatica di accreditare il Vangelo, non andiamo a cercare le responsabilità lontano da noi, nelle calamità dei tempi, in un mondo culturale che sembra esserci ostile: non era da meno il mondo dei Dodici e di Paolo.
Assumiamoci la responsabilità in prima persona – comincio da me – del venir meno della gioia cristiana, provocato dalla scarsa frequentazione del Vangelo di Dio che è Gesù di Nazareth. Spesso anche noi, come Pietro, ci ritroviamo a rimproverare il Maestro per la sua radicalità: il vostro parlare sia sì sì, no no; chi ama la vita la perde; chi vuol essere il primo sia il servo di tutti.
San Vigilio, maestro di responsabilità e cantore della speranza cristiana, prenda per mano questa nostra Chiesa, e la accompagni sulla strada del Vangelo”.



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