TRENTO - I consiglieri regionali sono pronti ad intascare 700 euro di aumenti.
“L’ultima denuncia della situazione critica che vivono sempre più famiglie trentine è arrivata in questi giorni dal rapporto della Caritas diocesana: quasi 2.500 nuclei si sono rivolti ai centri ascolti per chiedere aiuto. I consiglieri regionali, invece, continuano ad abitare la loro torre d’avorio, indifferenti alla situazione di povertà e diseguaglianze crescenti nella nostra comunità. Non si spiega in altro modo l’ennesimo sabotaggio, ieri in commissione, del tentativo delle minoranze di bloccare gli aumenti delle indennità consiliari, pari a 700 euro. Aumenti automatici che così come sono stati congegnati non sono altro che dei veri e propri privilegi, che offendono tutti i lavoratori e le lavoratrici, i pensionati e le pensionate che ogni giorno devono fare i conti con un costo della vita crescente.
Lo abbiamo chiesto un mese fa, inascoltati, lo ribadiamo ancora una volta oggi: non è più tempo di giocare a nascondino. Nel rispetto di tutti i cittadini quegli aumenti vanno bloccati e sta al consiglio regionale individuare dei meccanismi di calcolo che garantiscano equità e misura. Se non ci sono le condizioni per andare in questa direzione chiediamo almeno alle forze di maggioranza di giocare a carte scoperte e di assumersi la responsabilità di aumenti evidentemente iniqui e fuori scala davanti a tutti i cittadini.
Gli aumenti fuori scala delle consigliere e consiglieri regionali vanno bloccati subito.
E va trovato in tempi brevi un meccanismo di calcolo che garantisca equità e misura. Criteri che l’attuale sistema non è in grado di assicurare”. Lo dicono i segretari provinciali di Cgil Cisl Uil che fanno appello alla responsabilità di tutte le forze politiche.
“Non è più tempo di giocare al gatto e al topo. E’ ora in modo responsabile e rispettoso delle cittadine e dei cittadini il Consiglio metta mano all’attuale meccanismo, dimostrando di voler affrontare la questione in modo trasparente senza rinvii strategici, calcoli fantasiosi e scorciatoie”, sottolineano Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Largher, che non apprezzano il tentativo di sfilarsi di alcune forze politiche. “Fare di tutto perché non si affronti la questione equivale a sostenere che l’attuale meccanismo di calcolo va bene così come è. Si abbia almeno il coraggio di giustificare a lavoratori e pensionati che è normale incassare aumenti di migliaia di euro, somme anche cinque, dieci volte superiori all’aumento medio contrattuale di un barista o un commesso”.
Per i sindacati, al di là delle proposte in campo, la strada è una sola: definire incrementi che siano equivalenti, in valore assoluto, alla media degli aumenti contrattuali nel settore pubblico e privato. “Solo così si potrà garantire un trattamento equo”, concludono i tre sindacalisti.