Ossana - Anche l'arte si pone al fianco delle nuove generazioni che, con uno “sciopero mondiale pro-clima” mai visto prima, stanno tentando di dare una scossa ai governanti di tutto il globo. Obiettivo: aumentare la consapevolezza dell'opinione pubblica sui rischi che l'intera umanità sta correndo per colpa dei cambiamenti climatici causati dall'uomo. Un trend preoccupante che certamente interessa, in primo luogo, i delicati ecosistemi montani.
Per questo, il pittoresco scenario del Castello di San Michele, nel borgo di Ossana in alta Val di Sole, ospiterà per tutta l'estate la mostra “La forma del vento” (aperta tutti i giorni dalle 10 alle 12.30 e dalle 14.00 alle 18.30 Ingresso: 4 euro, include biglietto di entrata al castello). Il giorno scelto per l'inaugurazione – il 28 giugno - è un venerdì. E non è un caso: è il giorno che dà il nome a Fridays for future, il movimento studentesco mondiale nato con la giovane attivista svedese Greta Thunberg, che sarà presente, con una delegazione, al taglio del nastro.
La mostra è stata realizzata dall'artista trentino Stefano Cagol: attraverso installazioni, video e opere fotografiche, si confronta con temi globali quali la sparizione dei ghiacci e il climate change. Sarà presentata al pubblico una selezione di una decina di opere, alcune realizzate appositamente, altre che attingono alle esperienze più significative dell’artista, dando vita a un percorso espositivo fortemente evocativo e immersivo: neve che brucia, zolle di terra che fuggono in aria, un terreno che viene ancora ferito. Occasioni di molteplici livelli di lettura, evocativi di una realtà complessa che spesso viene sottovalutata, ma che è già di fronte ai nostri occhi (e provoca danni alla nostra vita quotidiana).
“Ho scelto di partire da elementi fortemente legati all’identità di questo luogo d’eccezione, il Castello di San Michele di Ossana, abbarbicato su uno sperone di roccia ventoso all’incrocio tra le valli, a picco sul corso d’acqua, in un luogo dove la storia narra di antiche miniere” spiega Cagol. “Da questi spunti, ho scelto di procedere per metafore affiancando scenari diversi tra loro, come molteplici tasselli di un unico mosaico, di quel tema tanto importante quanto inafferrabile nel profondo come il cambio climatico”.
Le opere selezionate affrontano cause ed effetti, macro e microsistemi, fenomeni iperdiffusi che però al tempo stesso sono difficili da afferrare. Mutevoli, multiformi. Incostanti, proprio come il vento. “I fenomeni inaspettati del clima hanno portato tragedie anche in questi territori e negli ultimi tempi il vento ha sradicato le piante in più luoghi in queste vallate alpine” ricorda il sindaco di Ossana, Luciano Dell'Eva. “Troppo spesso notiamo la natura solo quando si manifesta in maniera estrema e distruttiva, senza accorgerci che questi sono sintomi inesorabili di un sistema complesso di cambiamenti climatici e di disequilibrio nel nostro rapporto con la natura”.
La presenza a Ossana di una mostra che punta a far riflettere sui cambiamenti climatici non è comunque casuale. Il borgo trentino infatti, da anni sta portando avanti una serie di scelte per ridurre la propria impronta ecologica, a partire dalla concessione a canone agevolato di un negozio di prodotti alimentari sfusi a KM0 e la riqualificazione energetica dell’illuminazione pubbliche. “La nostra è una scelta etica e di responsabilità verso la nostra cittadinanza e le future generazioni – osserva l'assessore alla Cultura e al Turismo, Laura Marinelli – ma c'è anche un ritorno economico in nostro favore. Il nostro Comune, due anni fa, è stato insignito del riconoscimento di “cielo più bello d'Italia” da “Astronomitaly”, Rete Nazionale del Turismo Astronomico, con l'obiettivo di valorizzare i luoghi a bassa percentuale di inquinamento luminoso. Tutelare il nostro territorio significa garantire un futuro di benessere e prosperità alle nostre imprese e alla nostra gente”.
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LE OPERE IN MOSTRA
In “Over Two Thousand” (2007) la neve è in fiamme. Questo ossimoro è stato innescato dall’artista sulle Alpi per realizzare l’opera video. Non è ricorso a meccanismi digitali, ma ha messo alla prova le leggi stesse della fisica. Le lingue di fuoco si muovono con naturalità sinuosa e sempre diverse, toccando il ghiaccio e il cielo, evocando infiniti intrecci di opposti: tra attrazione e fuga, terra e cielo, presenza umana e natura, energia e distruzione…
L’opera ricorda il processo in atto di sparizione dei ghiacciai, che affligge in particolare anche quelli presenti sulle Alpi e sulle cime tutte attorno, dove la concentrazione dei ghiacciai, tra catene dell’Adamello Brenta e Ortles Cevedale, è particolarmente fitta. Sono quei ghiacciai che l’artista quando era piccolo sentiva chiamare dal padre “ghiacci eterni”. Alla fusione dei ghiacciai rimanda anche un altro progetto dell’artista dal titolo “The Ice Monolith”, realizzato per la Biennale di Venezia nel 2013 come parte del Padiglione nazionale delle Maldive, tutto rivolto alle problematiche del cambio climatico. A Venezia Cagol aveva portato un blocco di ghiaccio lasciato fondere, rimbalzato da The New York Times e BBC e ora consacrato nell’ultimo libro della studiosa americana Julie Reiss, tra le tre opere che hanno raccontato meglio l’oggi usando il ghiaccio.