Concesio - Inaugurata la mostra di opere e documenti inediti di Ettore Calvelli alla collezione Paolo VI – arte contemporanea di Concesio (Brescia). Numeroso il pubblico che ha partecipato all'apertura della mostra: tra i presenti, Fausto Montini, nipote di Paolo VI. La rassegna resterà aperta fino al 24 marzo.
Significativa la mostra che apre l'anno artistico con il pensiero rivolto a Paolo VI che verrà canonizzato a ottobre di quest'anno, a quarant'anni dalla morte. La mostra di Calvelli assume significato anche per la provenienza delle opere: la gran parte è stata infatti concessa in prestito da istituzioni di Ponte di Legno, Museo Parrocchiale d'arte sacra e Comune, e da collezioni private, Edoardo Nonelli ed Andrea Bulferetti.
Ponte di Legno favorì l'incontro tra l'artista e Paolo VI durante i soggiorni estivi di quest'ultimo e dalla frequentazione in canonica con don Giovanni Antonioli e Padre Stanislao Breton (professore di filosofia alla Sorbona di Parigi).
MOSTRA
La collezione Paolo VI di Concesio ospita una mostra personale delle opere di Ettore Calvelli, l’artista che ha trascorso gli ultimi diciotto anni della sua vita a Ponte di Legno. Morì il 5 gennaio 1997, ed è sepolto nel piccolo cimitero di Poia, frazione di Ponte di Legno (Brescia). Lo scultore ha lasciato il segno e la località dalignese ospita la collezione delle più importanti opere. La mostra è curata da Angela Bonomi Castelli, Edoardo Nonelli e Paolo Sacchini, in collaborazione con Marisa Paderni.
SABATO 24 FEBBRAIO 'IL MANICHINO DI ETTORE'
In occasione dell’esposizione monografica dedicata ad Ettore Calvelli, il museo propone uno speciale laboratorio per famiglie, in grado di guidare piccoli e grandi alla scoperta dello scultore, a vent’anni dalla scomparsa. Lo spunto di partenza sarà fornito da uno dei racconti inediti, elaborati da Calvelli per i suoi allievi, brevi narrazioni fantastiche, suggestioni, più che progetti, utili a sviluppare la creatività. "Ecco allora che un giorno, un manichino “folle”, sconnesso e disperato, entrò in un museo…"
IL COMMENTO
Come già accaduto lo scorso anno con la bella mostra di Trento Longaretti, anche quest’anno la Collezione Paolo VI ha deciso di inaugurare la sua stagione espositiva con una rassegna dedicata ad un artista ben rappresentato in museo e soprattutto assai vicino a Papa Paolo VI e a Mons. Macchi, il cui messaggio di apertura nei confronti dell’arte contemporanea – e il cui concreto operato nella medesima direzione – sono alla base del nostro museo così come, più in generale, del nuovo atteggiamento della Chiesa tutta rispetto alle problematiche dell’estetica moderna.
In questa occasione, l’artista a cui la Collezione Paolo VI rende omaggio è Ettore Calvelli, trevigiano di nascita e milanese di lavoro e cultura, ma anche bresciano d’adozione in virtù della decisione di vivere gli ultimi, laboriosi venti anni della sua vita a Ponte di Legno, alla ricerca di un rapporto forse più spontaneo e genuino con il mondo e con gli uomini del suo tempo.
L’universo poetico di Calvelli è allo stesso tempo etereo e intensamente drammatico: nei suoi lavori si respira sempre una fede solida e trepidante, che tuttavia non toglie nulla al carattere fortemente umano delle sue figure; e allora non sorprende affatto che un’altissima quantità di suoi lavori sia oggi conservata in alcuni tra i musei più attenti al rapporto tra l’arte e la spiritualità, dai Musei Vaticani alla Pinacoteca Ambrosiana, dalla Fondazione Lercaro di Bologna alla Galleria di Arte Sacra dei Contemporanei di Milano, dalla Pro Civitate di Assisi sino al nostro museo.
È difficile citare qualche opera, soprattutto perché il percorso della mostra è estremamente articolato e gli autentici capolavori sono tanti (dalla bellissima scultura futurista giovanile realizzata come Omaggio a Boccioni al potente Saio di San Francesco, fino alla commovente Madonna del Mantello realizzata nel contesto della collaborazione con Giò Ponti); non c’è dubbio, però, che tra tutti i lavori esposti spicchi – per tante ragioni, non solo artistiche – la meravigliosa Porta di Paolo VI, che per l’occasione è stata staccata dalla Chiesa di San Giacomo di Poia di Ponte di Legno: una porta punteggiata di medaglie – come era tipico della produzione monumentale calvelliana – sulla quale sono peraltro riportate anche le due differenti versioni della medaglia ufficiale del settimo anno di Pontificato di Paolo VI.
Anche in questa occasione, dunque, il museo si muove lungo il percorso che già da tempo ha tracciato, ovvero quello di una valorizzazione dell’eredità di Paolo VI sia attraverso una ricognizione di quanto a suo tempo realizzato dagli artisti che ne seguirono il messaggio, sia cercando di testimoniare l’attualità di quest’ultimo anche nella contemporaneità più stretta, con un occhio particolarmente attento alle interpretazioni che possono darne le più giovani generazioni di artisti.
Il mio più sentito ringraziamento, anche a nome del Consiglio di Amministrazione dell’Associazione Arte e Spiritualità, va a tutti coloro che hanno consentito la realizzazione della mostra, e particolarmente – oltre che allo staff del museo, che ha lavorato a fondo e in maniera assai compatta per gestire un progetto non semplice – ai prestatori pubblici e privati che hanno consentito l’esposizione delle loro opere; ma soprattutto è doveroso esplicitare la particolare gratitudine del museo nei confronti di Angela Bonomi Castelli ed Edoardo Nonelli, che con eccezionale disponibilità – anche in virtù del caro ricordo del Maestro Calvelli, con il quale hanno condiviso molte esperienze – hanno generosamente messo a disposizione il loro prezioso patrimonio di notizie, interpretazioni, conoscenze e aneddoti relativi allo scultore, permettendo alla mostra di proporsi non solo come occasione di valorizzazione del lavoro di un artista importante, ma anche come stimolo ad un approfondimento della ricerca storico-artistica.
Giovannimaria Seccamani Mazzoli
Presidente Collezione Paolo VI - arte contemporanea
IL PROGETTO
ETTORE CALVELLI (1912-1997)
Sculture, medaglie, design
a cura di Angela Bonomi Castelli, Edoardo Nonelli e Paolo Sacchini
con la collaborazione di Marisa Paderni
Premessa
A partire dal gennaio 2017, con l’apertura della sua prima completa stagione espositiva, la Collezione Paolo VI - arte contemporanea di Concesio ha inteso proporre, per ogni annata, un programma articolato in tre appuntamenti, che nel loro complesso possano contribuire a prendere in esame e a valorizzare le estrinsecazioni sia passate che presenti e future di quel messaggio di apertura nei confronti dell’arte contemporanea (e ancor più precisamente della convergenza tra gli orizzonti di senso e le modalità operative dell’arte e della spiritualità) che è stato promosso dalla Chiesa postconciliare specialmente per volere e su iniziativa del Beato Papa Paolo VI.
Nello specifico, ogni anno la Collezione Paolo VI intende proporre in apertura di stagione la mostra di un artista “storico” particolarmente legato a Papa Montini, seguita da un’esposizione primaverile connessa al “Premio Paolo VI per l’arte contemporanea” (che è rivolto prioritariamente, benché non esclusivamente, ai giovani artisti emergenti) e infine da una rassegna autunnale allestita da un artista affermato che si dedica da tempo, e con particolare costrutto, all’indagine degli interrogativi escatologici.
Dopo le mostre dedicate, nel corso del 2017, a Trento Longaretti, Daniele Salvalai e Gabriella Benedini, ad aprire la stagione 2018 è una ricca antologica dell’opera di Ettore Calvelli, significativo protagonista dell’arte italiana del Novecento (con particolare riferimento all’ambito della medaglistica, nel contesto della quale è tra le assolute eccellenze della modernità) e artista assai vicino – anche per il tramite del loro comune amico Don Giovanni Antonioli – a Papa Paolo VI e al suo Segretario Mons. Pasquale Macchi.
Il progetto
La mostra Ettore Calvelli (1912-1997). Sculture, medaglie, design, curata da Angela Bonomi Castelli, Edoardo Nonelli e Paolo Sacchini con la collaborazione di Marisa Paderni, intende favorire una “riscoperta” almeno parziale del rimarchevole lavoro dell’artista trevigiano, che di fatto risulta ancora oggi – nonostante l’eccezionale qualità delle sue opere, assai ben testimoniata dalla loro davvero larghissima musealizzazione – tutto sommato poco noto al grande pubblico, certamente anche a causa del carattere schivo e talvolta persino scostante del suo autore, il quale a poco a poco si è volutamente allontanato dal “centro” del sistema dell’arte (anche “geograficamente”, quando scelse di risiedere a Ponte di Legno) e che di fatto anche per questa ragione – nonché, senz’altro, anche in virtù dell’oggettiva lateralità dei suoi privilegiati ambiti di intervento, dalla medaglistica all’arte sacra – ha finito per essere un po’ trascurato non solo dal mercato, ma anche sul piano della più disinteressata ricerca storico-artistica.
Per altri versi, inoltre, l’esposizione intende a suo modo rendere omaggio a Papa Paolo VI – proprio nelle settimane che segnano il riconoscimento del miracolo che lo condurrà ad essere ufficialmente canonizzato – attraverso la valorizzazione di uno degli artisti che gli sono stati più vicini, come testimoniato non solo dai pezzi confluiti nel museo concesiano (tra i quali spiccano, in particolare, le due splendide medaglie raffiguranti la Crocifissione e i Santi Zenone e Ambrogio che sono esposte nel percorso permanente della Collezione Paolo VI, e che saranno parte integrante della mostra), ma anche e forse soprattutto dalla singolare e maestosa Porta di Paolo VI proveniente dalla Chiesa di San Giacomo di Poia di Ponte di Legno, che nonostante le dimensioni relativamente ridotte a la semplicità quasi monacale riesce comunque a trasmettere tutto il sincero afflato spirituale che muoveva Calvelli e che lo portava a considerare il Pontefice bresciano – come amava dire agli amici – «il mio Papa, il Papa degli artisti».
L’artista
Ettore Calvelli nasce a Treviso il 5 ottobre 1912, secondogenito di una famiglia di modeste condizioni economiche; il padre Giuseppe, pugliese, lavora nelle Poste, e al momento della nascita del futuro scultore ha già avuto dalla moglie Rosa Miozzi, trevigiana, una figlia, mentre altri due fratelli nasceranno negli anni seguenti (uno di essi, tuttavia, scomparirà tragicamente in tenera età). Ben presto, per contribuire al reddito della famiglia, abbandona gli studi e comincia a cercare lavoro presso le botteghe artigiane della sua città, e in particolare – dopo una prima esperienza presso una tipografia – trova impiego presso il rinomato laboratorio dell’orafo e incisore Gentilin, specializzato soprattutto nella realizzazione di oggetti di arredo sacro e attivo anche nella produzione di medaglie; nel biennio 1924-25, inoltre, frequenta il corso festivo di disegno ornamentale e geometrico alla Scuola Serale e Domenicale di Arti e Mestieri di Treviso.
Nel 1926 si traferisce a Milano, dove trova impiego come garzone presso diverse botteghe artigiane, e nel 1927 – in particolare – viene assunto come cesellatore dalla ditta Picozzi-Bonzi; negli stessi anni, inoltre, si perfeziona nel cesello presso altri laboratori milanesi specializzati nella produzione di argenterie. Mentre osserva con attenzione il clima generato dall’esperienza sarfattiana di Novecento, tra il 1927 e il 1928 frequenta i corsi di disegno e plastica alla Scuola serale Umanitaria per il Disegno Professionale, grazie ai quali familiarizza anche con l’esperienza dell’Esposizione di Arti Decorative di Monza; nel 1929 si iscrive invece alla Scuola d’Arte Superiore applicata all’Industria del Castello Sforzesco, dove rimarrà fino al 1936 frequentando – tra gli altri – i corsi di plastica di Mario Restelli, Antonio Majocchi e soprattutto Vitaliano Marchini, il cui insegnamento incide non poco sulla sua opera giovanile.
Nella prima metà degli anni Trenta, mentre prosegue la sua formazione alla Scuola degli Artefici dell’Accademia di Brera (presso la quale frequenta con brillanti risultati non solo il corso di plastica di Ivo Soli, ma anche i corsi di pittura di Esodo Pratelli e Gianfilippo Usellini), merita i primi significativi riconoscimenti, ottenendo – in particolare – il terzo (1931) e il secondo posto (1934, alle spalle di Giacomo Manzù) al “Premio Grazioli” per il cesello indetto dalla stessa Accademia; nel 1933 è inoltre presente alla I Triennale di Milano con sei piatti cesellati e sbalzati, uno dei quali viene acquistato dal Re d’Italia Vittorio Emanuele III. Già a questa data comincia ad interessarsi vivamente alla medaglistica, e in particolare nel 1934 cerca di essere ammesso alla Scuola d’Arte della Medaglia di Roma: il concorso ha esito negativo, ma è forse grazie a questo apparente fallimento che Calvelli comincia ad intraprendere una ricerca pienamente personale, che maturerà ben presto in uno stile assai originale – molto connotato e facilmente riconoscibile – che lo renderà una sorta di unicum nel panorama medaglistico nazionale e internazionale. Negli stessi anni si avvicina per qualche tempo – e sia pur solo collateralmente – agli ambienti del Secondo Futurismo milanese, sino a partecipare, nel 1933, alle significative mostre organizzate dal movimento marinettiano a Mantova, Milano e Roma.
Nel 1934 partecipa alla sua prima mostra “sindacale” in ambito milanese, e l’anno seguente ai Prelittoriali d’Arte; nel 1936 viene ammesso ai Littoriali d’Arte di Venezia con tre xilografie (con le quali ottiene il terzo premio), e nello stesso anno è prima Prelittore in ambito milanese e poi sesto classificato ai Littoriali del Lavoro di Roma (parteciperà poi con buon successo, fino al 1942, alle medesime manifestazioni: nel 1939 è Prelittore e poi decimo classificato per il disegno ai Littoriali di Trieste, nel 1940 è Prelittore per la scultura e partecipa ai Littoriali di Bologna, nel 1941 è Prelittore del Lavoro e poi secondo classificato ai Littoriali del Lavoro di Torino). Nel 1936, e poi nuovamente nel 1939-40, collabora come cesellatore e designer con l’ENAPI (Ente Nazionale per l’Artigianato e le Piccole Industrie), sotto la cui egida presenta le proprie opere nel contesto della VI e della VII Triennale di Milano; in quest’ultima occasione, oltre a meritare una medaglia d’argento, entra in contatto con Giò Ponti, che negli anni seguenti pubblica e commenta più volte i suoi lavori (tra cui l’importante portale della Chiesa di Santa Maria della Fontana di Milano, inaugurato nel 1946) sulle pagine di «Stile», e con il quale inizia una fruttuosa collaborazione all’insegna del comune interesse per le arti applicate e per la delicata questione dell’arte sacra: in particolare, nel 1943-45 lo scultore e l’architetto ideano e realizzano insieme l’importante Madonna del Mantello per la Concattedrale di Taranto progettata da Ponti). Nel 1941, inoltre, Calvelli collabora anche con la figlia di Ponti, Lisa, per la quale illustra con suoi disegni il libro per bambini L’armadio magico.
Nel 1942, mentre ottiene la cattedra di disegno alla Scuola Serale degli Artefici di Brera (che manterrà sino al 1974 con la sola interruzione del periodo 1945-48), partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia con ventisei “medaglie di guerra”, e nel 1943 è invitato alla Mostra Internazionale della Medaglia a Stoccolma e realizza il Crocifisso in bronzo, su commissione di Ponti, per l’Aula Magna dell’Università di Padova; negli anni immediatamente successivi, mentre si dedica anche all’illustrazione e partecipa a concorsi per disegni di stoffe, in ambito medaglistico sperimenta differenti soluzioni sia sul piano formale e compositivo (ad esempio, nelle insolite dimensioni delle medaglie), sia su quello dei materiali utilizzati (tra cui in particolare l’insolito travertino), presentando poi gli esiti di tale ricerca alla Biennale veneziana del 1944.
A partire dalla seconda metà degli anni Quaranta – mentre continua ad esporre alle Biennali di Venezia (sempre presente dal 1948 al 1956, per lo più in qualità di medaglista), alle Triennali di Milano (1954) e alle Quadriennali di Roma (1948, 1951, 1955, 1959) – partecipa sia a numerosissime mostre di arte sacra (tra cui spiccano in particolare le Biennali promosse dall’Angelicum), sia ad importanti concorsi (come il Premio Suzzara, dove viene premiato nel 1950 e nel 1959); nel 1950 inizia inoltre a lavorare alla ricca decorazione della motonave “Giulio Cesare” (primo transatlantico moderno, accanto alla gemella “Augustus”, prodotto dall’industria navale italiana), e nel 1953 prosegue questa collaborazione per le motonavi “Andrea Doria” (poi tragicamente inabissatasi nel 1956) e “Michelangelo”. Negli stessi anni espone assiduamente anche all’estero, e in particolare partecipa alla Biennale di San Paolo del Brasile (1952), alla Mostra di Scultura all’aperto a Schombren in Olanda (1958) e alle Mostre Internazionali della Medaglia di Stoccolma (1955), Parigi (1957) e Vienna (1959).
Negli anni Cinquanta il suo interesse per l’arte a tema religioso si amplifica e si precisa in direzione di una personalissima interpretazione “espressionista” degli episodi biblici e delle vite dei santi, che lo conducono ad esiti particolarmente alti e felici; prosegue inoltre lungo la medesima strada anche nel decennio successivo, durante il quale partecipa a diverse manifestazioni espositive (tra cui le Biennali d’Arte di Milano allestite nel Palazzo della Permanente) e soprattutto ad importanti mostre di ambito medaglistico, tra cui la Mostra Internazionale della Medaglia d’Arte Sacra a Roma (1963). Nel 1961 inizia l’insegnamento al Liceo Artistico delle Orsoline di San Carlo di Milano, che manterrà sino al 1976 (nel 1975, peraltro, donerà all’Istituto oltre duecento medaglie, che verranno allestite in un’apposita sala).
Nel 1962, anche in virtù dell’amicizia e della stima intellettuale che lo legano Don Giovanni Antonioli, apre uno studio a Ponte di Legno, dove si trasferirà poi definitivamente nel 1979. Nei decenni Sessanta e Settanta continua ad esporre assiduamente sia in Italia (Milano, Roma, Bologna, Napoli, Padova, Udine, Assisi presso la Pro Civitate Christiana e tanti altri centri grandi e piccoli), sia all’estero (l’Aja, Parigi, Atene, Madrid, Lugano, Locarno, Taipei), spesso nel contesto di mostre di arte sacra o di medaglistica; soprattutto, però, in questi decenni spiccano da un lato i progetti di monumentali Porte punteggiate da medaglie (dalle tre della Chiesa di Poia di Ponte di Legno, tra cui quella dedicata a Papa Paolo VI nel 1979, alla Porta della Chiesa di Villa Illibardi, nei pressi di Voghera, alle tre della Chiesa dei Frati Francescani sul Passo del Tonale), e dall’altro alcune commissioni particolarmente rilevanti (tra cui, in particolare, quelle del Vaticano per le medaglie del settimo anno di pontificato di Papa Paolo VI nel 1969, per il viaggio in Australia nel 1970 e per la medaglia di Massimiliano Kolbe nel 1971, nonché quelle della FAO per cinque medaglie ufficiali tra 1974 e 1983). Inoltre, molte sue opere vengono acquisite da importanti musei ed enti, dai Musei Vaticani (nei quali entrano, in occasione dell’inaugurazione della Collezione Religiosa d’Arte Moderna, ben venti medaglie, a cui se ne aggiungono poi altre sei negli anni seguenti) alla sede romana della FAO (in cui viene allestita una parete con quarantadue sue medaglie), dal Museo d’Arte Sacra della Basilica di San Marco a Venezia alla Fondazione Giacomo Lercaro di Bologna, dalla Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro a Venezia al Museo d’Arte Moderna di Cento.
Nel 1978 viene nominato “Accademico Pontificio e dei Virtuosi”, mentre nel 1980 inaugura a Ponte di Legno il Museo Parrocchiale di Arte Sacra a lui dedicato (il quale recepisce un importante numero di pezzi); negli anni successivi, inoltre, mentre viene nominato “Accademico dei 500”, colloca nove opere in marmo nel chiostro della Chiesa di San Francesco a Brescia (1981), esegue un cancello con medaglie per il Convento di San Francesco del Deserto sull’isola di Burano (1981) e realizza la medaglia commemorativa per il sesto centenario della posa della prima pietra del Duomo di Milano (1986).
A partire dalla fine degli anni Ottanta, mentre dirada considerevolmente l’attività espositiva e realizza l’ultimo lavoro monumentale (la porta della Chiesa di Casto, realizzata con Edoardo Nonelli e dedicata al tema del Lavoro), numerose sue opere vengono acquisite da importanti musei, anche grazie alla mediazione della sua ex-allieva Angela Bonomi Castelli. Nel 1989 dona una decina di pezzi, tra medaglie e rilievi, all’Associazione Arte e Spiritualità di Brescia (che le fa poi confluire nel patrimonio della Collezione Paolo VI - arte contemporanea), mentre l’anno seguente ben cento opere vengono collocate in un’apposita “Sala Calvelli” alla Galleria di Arte Sacra dei Contemporanei di Villa Clerici a Milano; nel 1991 dona quasi cinquanta opere al Museo della Fabbrica del Duomo di Milano, e nel 1993 – oltre ai trenta pezzi donati all’Antoniano di Bologna – colloca presso la Pinacoteca Ambrosiana, per diretto interessamento del Card. Gianfranco Ravasi, oltre settecento pezzi (tra cui i preziosi e rari gessi e molti disegni); ancora, nel 1994 allestisce oltre cento opere presso la Casa Paterna di San Francesco ad Assisi, mentre nel 1995 e nel 1996 dona un notevole quantitativo di opere – rispettivamente – al Museo Civico “Luigi Bailo” di Treviso (sua città natale) e al Comune di Ponte di Legno (sua patria d’adozione).
Scompare a Ponte di Legno il 5 gennaio 1997.
L’articolazione della mostra
L’esposizione, che raccoglie circa settanta opere tra sculture a tutto tondo, rilievi, medaglie e disegni, è stata realizzata con opere provenienti sia da raccolte pubbliche e/o museali (Comune di Ponte di Legno, Museo Parrocchiale di Arte Sacra “Ettore Calvelli” di Ponte di Legno, Collezione Biblioteca Chiesa Nuova di Assisi, Collezione Paolo VI - arte contemporanea), sia da enti o collezionisti privati (tra cui la Galleria d’Arte Ponte Rosso di Milano, già luogo di riferimento per l’acquisizione dei lavori calvelliani quando il maestro era in vita).
Negli spazi espositivi del museo concesiano il visitatore incontra tre diverse sezioni, introdotte da un autoritratto del 1985 nel quale Calvelli, significativamente, decide di raffigurarsi mentre ha tra le mani una medaglia, quasi ad esplicitare la rilevanza che questa specifica tipologia di opera – spesso un po’ sottovalutata dal pubblico e trascurata dalla critica – ha rivestito lungo la sua intera parabola creativa.