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Covid, uno studio su Science a favore delle aperture: “Con distanziamento e continui lockdown, durerà 10 anni”

domenica, 7 marzo 2021

Brescia – Proteggere le categorie a rischio con cure e vaccini e riaprire le attività. La ricetta, caldeggiata da un coro crescente anti-lockdown anche in Italia, è proposta da uno studio pubblicato su Science, secondo cui più il Covid circolerà velocemente e più in fretta finirà l’incubo.

La pubblicazione di Jennie S. Lavine del Dipartimento di Biologia della Emory University di Atlanta e di Ottar N. Bjornstad del Dipartimento di Biologia e del Centro Dinamica delle malattie infettive dell’Università dello Stato della Pennsylvania va contro i principi secondo i quali l’Italia si è mossa da dodici mesi, con continue chiusure e limitazioni, e va contro anche la richiesta avanzata nelle ultime ore da consulenti governativi di inasprire le misure già in vigore nel Paese.

Secondo i risultati della ricerca, però, parte delle misure adottate risultano controproducenti nella lotta al nemico invisibile. Nella ricerca, pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Science, i due esperti sottolineano come sia fondamentale far diventare il virus endemico e non così virulento come lo è ora.

Viene sostenuto che “il Sars-Cov-2 è diventato così diffuso a livello planetario da esserci poche possibilità di una sua eliminazione diretta”: per questo, più il virus circolerà velocemente e più in fretta sarà finito questo incubo. Se, invece, si continua a tentare di limitarne la diffusione, allora ci vorranno 10 o 20 anni per tornare alla normalità.

Secondo lo studio, le cure diffuse ed i vaccini sono fondamentali per proteggere le categorie a rischio, ma per l’eliminazione qualsiasi forma di distanziamento sociale e di protezione sarebbe il metodo per poterlo diffondere più possibile e ridurne l’aggressività, riportandolo a una “normale influenza”. Il Covid come abitudine dunque, e non come pandemica eccezione.

“La nostra analisi dei dati immunologici ed epidemiologici sui coronavirus umani endemici (HCoV)”, viene sostenuto, “mostra che l’immunità che blocca le infezioni diminuisce rapidamente ma che l’immunità che riduce la malattia è di lunga durata”. Per questo, “affinché la maggior parte delle persone venga infettata così presto nella vita, persino più giovane del morbillo nell’era pre-vaccino, il tasso di attacco deve superare la trasmissione dalle sole infezioni primarie”.



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